Dopo un secolo di studi sul grande viennese, Sergio Benvenuto guarda a Freud rinunciando a ogni schematismo di maniera: descrivere il sorgere stesso del pensiero freudiano come se esso accadesse ai nostri giorni. Una parte rilevante del libro è dedicata all’incontro del giovane Freud con le donne isteriche, quando, fresco medico, voleva ambiziosamente scoprire il segreto dei sogni e dell’isteria. Sono poi qui finalmente spiegate in modo non accademico alcune nozioni fondamentali della psicoanalisi, come quella di narcisismo, sublimazione, pulsione di vita e di morte, oltre che la teoria freudiana dei collettivi e dei capi, e il concetto di “fine analisi”. Scritto in modo chiaro e scorrevole, ma senza banalizzazioni, questo testo apre le porte a una comprensione non di maniera del pensiero di uno dei pensatori più influenti e discussi dell’ultimo secolo.
Conversione o riconversione?
Uno dei temi più spinosi discussi tra psicoanalisti è quando e come un’analisi debba finire. Non si tratta di una questione puramente tecnica. Per un filone analitico importante, non c’è fine dell’analisi. L’analisi con un analista può finire – la fine è contingente – ma prosegue per il resto della vita come auto-analisi. Il fine dell’analisi è che non finisca mai, perché la soggettivazione è infinita. Per chi diventa analista, la propria analisi prosegue sine die con i propri analizzanti. È una visione non messianica dell’analisi, perché non punta ad alcun compimento.
Per un altro filone, invece, c’è una fine dell’analisi, un voltar pagina nell’esistenza. Ma a sua volta questa fine è interpretata diversamente a seconda dei vari fini.
Molti lacaniani, ad esempio, pensano che la vera analisi finisca quando l’analizzante diventa a sua volta analista. Un’analisi veramente “finita” produce un analista infinito, nel senso che solo la morte contingente mette fine all’analisi dell’analista. È evidente qui il rischio di auto-referenzialità: l’analisi diventa un loop in cui riproduce se stessa. Ricorda un po’ quel che dice un accanito persecutore della psicoanalisi come Frederick Crews: «Chi completa una terapia freudiana diventa freudiano, non un paziente guarito. Se ne va in giro come un vampiro a procacciare altri freudiani». La psicoanalisi rischia di diventare un’auto-produzione che si auto-consuma.