Questo libro insegue una parolina, il prefissoide tele, che ha una strana natura. Indica la lontananza proprio quando, nei suoi composti, si associa alla prossimità dell’affetto, all’intimità del movimento, all’attitudine di plasmare forme. Telepatia, telecinesi, teleplastia. Tra queste, in primo piano è la teleplastia, facoltà di creare forme a distanza, a mani libere, che agli inizi del Novecento ha ammaliato filosofi, psichiatri, scienziati non intimiditi da ciò che accadeva dietro le tende dei setting medianici. Siamo negli anni in cui nasce e si assesta la psicoanalisi, e dunque il magnetismo del tele coinvolge anche la neonata disciplina. Cos’è infatti la psicoanalisi se non il tentativo di concepire una relazione fondata sul non-rapporto? Tra coscienza e inconscio, tra psiche e corpo, tra analista e paziente, ad esempio. Figure unite nella loro rottura e inaccessibilità. La sfida è quella di abbandonare la concezione classica della causalità psichica a favore di una causalità sconcertante, che non pontifica, non cuce lembi, bensì istituisce legami a distanza. La soggettività ci apparirà allora come uno sfogliettamento di scritture e superfici parallele, tenute insieme da un legame selvaggio che, a stento, chiameremmo ancora storia.
Silvia Vizzardelli, Teleplastia. Saggio sulla psiche interrotta
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