Quando “post” non significa “dopo” ma affetto. Una postcritica spinoziana

Mariano Croce

La postcritica è spesso rappresentata come in discontinuità con i metodi critici che studiano i rapporti di potere e i meccanismi di dominazione e come un riorientamento verso modi più ottimisti di indagare la vita sociale. Ma questo è uno dei possibili approcci alla postcritica, non l’unico, e forse non il più accurato, per il fatto che si occupa soprattutto di dire ciò che la postcritica non è in rapporto alla critica. Questo evento suggerisce che dovremmo piuttosto cominciare a guardare i fondamenti ontologici della postcritica, che è prima di tutto una teoria di ciò che sono gli enti che compongono il mondo. La postcritica come ontologia costruisce una visione antiessenzialista e relazionale degli enti che dà senso alla postcritica come metodologia di ricerca – mentre quest’ultima deve essere pensata come un’indagine sui legami che si stabiliscono tra gli enti e li fanno essere ciò che sono per il tempo limitato in cui sono ciò che sono.

Pertanto, questa indagine ontologica va oltre la sterile contrapposizione tra critica e postcritica. Essa fa notare che la teorizzazione postcritica spinge chi fa ricerca sul mondo sociale a concentrarsi su domini ristretti di esperienza, a cercare di capire i legami che si stabiliscono tra le varie entità all’interno di quel dominio, per poi passare allo studio dei legami che si stabiliscono tra quelle entità all’interno di quel dominio a entità esterne a quel dominio, fino a ricostruire un’intera rete di relazioni – che coinvolge anche chi fa la ricostruzione. In questo modo, la postcritica si configura come una metafisica empirica che rifiuta di spiegare entità particolari con il ricorso a leggi generali e che si concentra sull’evento parziale ma unico che è indagato.

14.00-18.00
Online via Zoom 

Poster del seminario

SpinozianPostcritique_[12429307bytes].pdf

 

Menu