Mariano Croce
Anna Lorenzetti, Matteo Nicolini
Nell’ambito delle relazioni affettive e di parentela, i quadri normativi e politici degli stati occidentali si sono notevolmente aperti a unioni e formazioni familiari non basate sulla differenza sessuale dei partner/coniugi. Sotto la forma di partnership o matrimonio, sia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sia alcuni stati membri, concedono oggi riconoscimento e protezione alla “vita familiare” oltre la matrice tradizionale dell’unione eterosessuale. Ciononostante, la questione suscita accesi dibattiti tra attivisti/e e studiosi/e circa se, e in che misura, il riconoscimento stia portando ad un processo di “normalizzazione”. L’ipotesi avanzata dai critici di sinistra e radicali è che l’agognata uguaglianza e l’inclusione finiscano per mettere a tacere rilevanti differenze ed escludere così forme di vita che non soddisfano i nuovi standard di accettabilità. Il seminario si concentrerà sul modo in cui il diritto si offre come spazio per una “negoziazione ristretta”, in cui il dibattito deve attenersi a criteri linguistici fermi e a categorie formali che influenzano sia il modo in cui la questione del riconoscimento viene articolata sia la forma che il riconoscimento deve assumere. Da questo punto di vista, la normalizzazione non deriva dall’attività di una razionalità politica – intenzionale o meno. Piuttosto, è il risultato di una necessaria riduzione di una sostanza flessibile e variabile – le forme di vita e le relazioni – a una griglia semantica naturalmente rigida e rituale – la forma giuridica.
14.30-17.30: sala Zorzi B, Palazzo Zorzi (primo piano), Lungadige Porta Vittoria 17, Verona
Locandina del seminario