Intersex/DSD: medicalizzazione e soggettivazione politica

Elia A.G. Arfini, Alessandro Comeni

La prima parte del seminario si è concentrata sulla critica dell’abuso dell’intersessualità come dispositivo retorico per spiegare la costruzione sociale del genere. Questo topos, frequentemente utilizzato dalle scienze sociali e in particolare dagli studi di genere, ignora che le persone intersessuali sono individui reali e non creature mitologiche. Il “movimento intersessuale” coinvolge diversi attori e attrici sociali: scienziati/e, pazienti e le loro famiglie, consulenti ma anche persone che non si riconoscono nel ruolo di pazienti. Questo movimento può essere ragionevolmente associato a un movimento per la salute sociale: la biosocialità è una delle più importanti fonti di empowerment per le persone intersessuali. La seconda parte del seminario è stata dedicata alla descrizione dell’emersione di una “soggettività intersessuale”, partendo dall’esperienza diretta di un attivista intersessuale italiano. Quest’ultimo, nella sua presentazione, ha sottolineato come la politica intersessuale sia, ancora oggi, fortemente influenzata da procedure di patologizzazione e medicalizzazione che minano la possibilità di una consapevolezza o identificazione intersessuale. Il primo gruppo italiano di advocacy DSD è stato invece fondato da familiari di pazienti con l’obiettivo di limitare l’invasività della medicalizzazione: oggi le persone intersessuali sono troppo spesso solo cavie della biomedicina e delle case farmaceutiche. In chiusura del seminario, il dibattito ha sottolineato la necessità di costruire nuove forme di coalizione tra le diverse soggettività che compongono il movimento intersessuale, attraverso un profondo lavoro di informazione, educazione e narrazione.

Locandina del seminario

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